“Certo è proprio caldo.”
“Ma caldo.”
“Pazzesco, a gennaio”
All’inizio è arrivato il vento. Caldo. Ha iniziato a soffiare una mattina e per tutto il giorno agli infissi non si è sentito che il vento. L’uragano, ha detto il giornale. In effetti, che vento.
“Ma cos’è ‘sto vento?”
“Ci soffia via”
“Roba da matti”
Poi c’è stata la pioggia. Leggera, tiepida. Poi sempre meno leggera e meno tiepida.
“Sont jolies les bottes”
“Je les ai achetés a Venise, pour la pluie”
“La pluie. Il pleut toujours”
Alla fine, il freddo. Delle fessure, nelle stanze. Da ogni spiraglio possibile, sotto le coperte. Naso mani piedi orecchie: ghiacciati. Gola: infiammata. La realtà comincia a somigliare pericolosamente alla pubblicità della tachipirina.
“Alors, ça va?”
“Je suis un peu malade. Ce le temps.”
“Le froid, oui.”
(I miliardi di conversazioni salvate ringraziano di cuore il buco nell’ozono, l’effetto serra e i parenti tutti. La sottoscritta si unisce al coro esprimendo tutta la propria doverosa e sincera gratitudine.)
In linea d'aria 